"Le salite solitarie sono un'altra dimensione, un diverso passo avanti. “

1953 - Brenta. Croz dell'Altissimo. Variante "Steger"

25 aprile. In occasione d'una solitaria, Elvezio Bozzoli, fra le tante cose belle mi scriveva: "L'alpinismo è quel sentimento che va dal cuore alla montagna per la via più nobile, misconosciuta e silenziosa".
Cos'è mai a spingerci lassù? Il bisogno di dimostrare a noi stessi, e agli altri, di valere qualcosa? Certo, anche questo. Ma è soprattutto un intimo bisogno di bellezza e di poesia che ci spinge ai monti. E lassù, forse, noi non cerchiamo anche la gioia? Anche se ne è una parvenza. Anche se è di breve durata.

1953 - Brenta. Spallone del Campanil Basso. "Via Grafer-Miotto" e variante "Pooli-Trenti.

24 agosto. Da tempo avevo il desiderio di effettuare la solitaria allo Spallon del Basso seguendo la via Graffer-Miotto e raggiungere la vetta per la variante Pooli-Trenti. Scendere per la via Preuss. Tre anni fa, invece, sulle orme di Preuss e Comici salivo. Solo che allora pioveva e la nebbia, felicemente, proteggeva.
La luna inargenta le mute immobili crode mentre scendo per il serpegginate sentiero della valle dei Massodi. La saettante figura del celeberrimo obelisco si staglia nel cielo punteggiato di stelle.
Fausto Susatti mi attende, con la sua moto, a Molveno per riportarmi a casa alla consueta realtà.

Il Campanil Basso
Il Campanil Basso da Ovest
Brenta Alta e Campanil Basso

1954 - Civetta. Sud della Torre Venezia. "Via Tissi-Andrich-Bortoli".

30 ottobre. La stagione era ormai inoltrata, ottobre stava per finire e le giornate, seppure limpidissime, erano già brevi e fredde. Dovevo muovermi, scegliere una meta, partire. Al primo mutamento del tempo sarebbe venuta la neve e allora, addio solitaria.
Si, ascensione solitaria. Torre Venezia. Direttissima Sud. Che stupenda parete quella Sud. Quando ci penso, me la vedo davanti piena di sole, troneggiante sopra il rifugio Vazzoler. Come l'avevo vista la prima volta che avevo avuto la ventura di trovarmi fra i tormentati picchi dei Cantoni di Pelsa.
Ricordo che durante la scalata osservavo, stupito ed incredulo, le piccole stelle alpine che via via trovavo negli anfratti della roccia. In quella stagione, ancora stelle alpine, e lassù per giunta. Ne colsi solamente qualcuna per me e per l'amico Lino che mi aveva accompagnato, la sera prima, da Rovereto a Listolade e quindi al mattino presto alla base della parete. Lassù ho vissuto il "Sogno di Ratcliff" di Mascagni.
Non è successo anche a voi, in qualche occasione, sentendo un brano di musica, di rammentare, riassaporare un po' della vostra vita?

La Torre Venezia
Aste alla base della Torre Venezia
Torre Venezia, via Tissi-Andrich-Bortoli

1956 - Brenta. Cima D'Ambiez. Parete Est. "Via Della Concordia".

26 - 27 agosto. Questa via aperta nel 1955 in due cordate indipendenti, io con il mio allievo Angelo Miorandi e Andrea Oggioni con Josve Aiazzi. Dopo avere chiesto il permesso ad Oggioni e Aiazzi perché non intendessero la mia eventuale solitaria come uno sgarbo nei loro confronti finivo quella fortunata stagione con la prima solitaria della Concordia in Brenta. Era il mio suggello di quell'indimenticabile 1956.

1960 - Catinaccio. Roda di Vael. "Via Buhl"

11 - 13 luglio. Nel 1959 i due tedeschi Brandler e Hasse avevano iniziato ad usare i chiodi a pressione, una nuova tecnica che permetteva di risolvere problemi, fino allora dichiarati insuperabili. Così, per la parete rossa della Roda di Vael, dove aprirono una via dedicata ad Hermann Buhl, che divenne un polo di attrazione per le migliori cordate di allora. Marino Stenico ne aveva compiuto una delle prime ripetizioni. Mi aveva parlato di questo itinerario in termini elogiativi. Lui era un conversatore piacevolissimo e credibile. Un giorno lo andai a trovare nella sua abitazione a Trento. Gli chiesi il suo parere circa il mio desiderio di tentare la prima ripetizione solitaria, appunto la Via Buhl alla Roda di Vael. Ci pensò un poco, poi mi disse che avrei potuto farcela. E poi così è stato, pur col conforto dell'amico Toni Gross che da sotto mi faceva sentire il suo incoraggiamento.
Sul libro di vetta scrissi queste parole: "Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat juventutem meam". (Mi appresserò all'altare del Signore, a Dio che rende lieta la mia giovinezza).

La Roda di Vael
Aste sulla Roda di Vael
Aste alla base della Roda di Vael

1960 - Nord della cima Ovest di Lavaredo. "Via Couzy"

3-6 settembre. Nel 1959 due cordate di francesi, Renè Desmaison con Pierre Mazeaud seguiti da Pierre Kohlman con Bernard Lagesse, aprirono un itinerario tremendo e spaventosamente bello sulla Parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo, intitolandolo a Jean Couzy.
Marino Stenico con Donato Zeni e Lino Trottner passarono momenti drammatici su quella parete. Marino mi parlava di strapiombi continui e di traversi impressionanti e dei voli nel vuoto dello zaino, quando lo recuperavano. Come il pendolo di un orologio. Tanto disse e tanto fece da mettermi nel cervello un tarlo che continuava a rosicchiare, malgrado io cercassi di farlo tacere. Un giorno andai a Trento da Marino e gli dissi che volevo tentare quella salita da solo. Marino mi chiese subito se per caso non fossi pazzo. Poi rimase a lungo in silenzio mentre io aspettavo la sentenza. Ad un tratto mi disse: “Se proprio vuoi andare, io ti accompagno all'attacco”. Tirai un sospiro di sollievo, quasi di certezza. Accompagnato dal mio maestro, mi sentivo in una botte di ferro. Attaccai con una pacca sulle spalle di Marino, mentre mi diceva semplicemente: “Vai”. C'era anche l'amico Camillo Gaifas con la cinepresa e l'amico Venturelli. C'era anche la guida alpina Enrico Mauro.
Il giorno dopo erano venuti in scooter da Borgo Sacco gli amici Italo Brighenti e Pierino Caresia a farmi sentire la loro presenza. In quattro giorni di lotta con la parete e con me stesso, riuscii nel mio intento. Ero sicuro che ce l'avrei fatta perché ero in uno stato di grazia. Sentivo che la cosa mi era concessa ed ero in pace con me stesso. Penso che questa impresa sia stata un'evasione in un'altra dimensione. Un grosso passo avanti. Per la benevolenza di Dio.
All'alba del nuovo giorno, dopo un ultimo bivacco in un incavo sotto il grande strapiombo della via, prima di prepararmi al superamento di quell'ultima difficoltà, recitai, come sempre, le preghiere del mattino, legato in una unione spirituale con i miei cari e con tutti i fratelli uomini.
Di quella stupenda salita mi è rimasto un ricordo unico e indelebile. Ero tranquillissimo e godevo di quel momento irripetibile, sull'orlo dell'ultimo grande strapiombo sopra un vuoto di trecento metri. Mi sembrava di volare, arrampicando nell'aria, sostenuto dalle grandi ali del mio angelo custode.
Pensai che se da quel punto aereo si immaginasse una linea perpendicolare verso il basso, potrebbe finire circa a settanta metri oltre la base della parete. Così ha scritto Renè Desmaison, capo della cordata francese, con Pierre Mazeaud, Bernard Lagresse e Pierre Kohlman, tracciando quell'itinerario da brividi, eppure affascinante. Tornando a ritroso nel tempo, ho la certezza di essere sempre stato protetto da Qualcuno che mi conosceva da sempre, oltre il tempo. Sapeva dei miei fallimenti, delle ricadute e delle risalite nel corso del mio tempo.
La Via Couzy, alla Parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo, è una via spaventosamente bella, mi scuso per il paradosso, con continui strapiombi. Avevo la sensazione di arrampicare quasi nell'aria, con l'illusione di entrare in una nuova dimensione più alta, un passo avanti sul cammino della conoscenza. E' questo il ricordo più incisivo che mi porto dentro di quell'impresa.

Cima Ovest di Lavaredo. Via Couzy
Aste alla base della cima Ovest di Lavaredo
Aste in parete sulla cima Ovest di Lavaredo

1978 - Marmolada. Monzoni. Torre della Vallaccia. Via Rizzi-Gross

Fine settembre. Il mio canto del cigno per le “grandi imprese”. Con mia moglie eravamo andati a Meida di Fassa a trovare il mio amico Toni Gross, che mi era stato compagno nella salita all'Anticima del Serauta, in Marmolada. Da Meida, per una felice angolazione del sole, avevo visto, su in alto, lo Spigolo Nord della Vallaccia e rimasi folgorato da quella visione concreta.
A fine settembre mia moglie sarebbe andata qualche giorno al mare così io le dissi che, nel frattempo, sarei andato “a fare un giro in montagna”. Senonché, quando lei tornò dal mare, io non ero ancora tornato a casa. Lei rimase in pensiero, ma ci pensò il mio amico Mariano Frizzera a tranquillizzarla con qualche lecita bugia. Intanto io stavo compiendo la prima solitaria della Via Toni Rizzi e Toni Gross allo Spigolo della Vallaccia. Durante i miei bivacchi in parete, l'amico Tonin da Meida, mi faceva segnali luminosi con una pila elettrica e io gli rispondevo accendendo un cerino pur visibile nella notte fonda. Ricordo che, anche durante la mia prima solitaria della Via Buhl alla Roda di Vael, da sotto l'amico Tonin mi faceva sentire la sua voce di incoraggiamento. Scendendo dalla Vallaccia mi fermai a casa dell'amico, dove potei fare un bagno ristoratore. Dopodiché, con la fortunata occasione di una gentile signora che scendeva a Trento in macchina, potei finalmente tornare dalla mia ignara moglie, ringiovanito “dentro”.
Quella salita ha segnato la fine del mio grande alpinismo. Poi, trascinato dai miei amici Frizzera, Miorandi e Solina, ho voluto salire in vetta al Campanile Basso di Brenta, a distanza di cinquant'anni dalla mia prima volta che ero arrivato su quella guglia. Poi, per l'interesse storico, ancora un'ascensione speciale al Campanile di Val Montanaia, la cima ideale del mio illustre amico Spiro Dalla Porta Xidias, decano e difensore etico ed emblematico del nostro Club Alpino Italiano.
Di questa inimitabile guglia, che ho ripetuto due volte, una prima con Miorandi e Solina, e la seconda con Mariano e il suo compagno Luciano Santini di Trieste.
Del famoso Campanile voglio costruire una immaginosa rappresentazione. Siamo in una conca attorniata da una corona di monti. In mezzo c'è una base di lancio per satelliti. Inizia la conta per il lancio: dieci, nove, otto …... tre, due, uno. Viene dato il via. Dalla conca emerge un siluro di pietra puntato verso il cielo: il Campanile di Val Montanaia. Sulla vetta c'è una piccola campanella che porta una scritta: “Audentis resonant per me loca muta triumpho”. “Da questi luoghi silenziosi risuoni il trionfo degli audaci”. E' la voce della campana. In Nomine Domini.

"Le scalate e le spedizioni sono descritte, in modo particolareggiato e in ordine cronologico, nel mio primo libro (ora introvabile) PILASTRI DEL CIELO.“